An amazing video on plyometrics in the pastELM- Sports Science#Plyometrics
Posted by ELM- Sports Science on Martedì 7 aprile 2015
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Posted by ELM- Sports Science on Martedì 7 aprile 2015
Una voce che qualcuno di noi conosce molto bene…
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1)esiste la velocità non la resistenza alla velocità 2)mai aspettarsi risultati diversi dalle medesime esperienze 3)piu corri piano piu vai forte 4)meno intensità piu qualità 5)per sviluppare elevate velocità di percorrenza occorre prima correre forte poi correre bene per consumare di meno 6)le cose accessorie all’allenamento che spesso vengono tralasciate sono quelle che fanno la differenza 7)la fase rigenerativa è piu importante della fase costruttiva 8)l’allenamento non è settoriale per cui tutti gli aspetti vanno che compongono la prestazione vanno portati avanti contemporaneamente 9)osteopati, fisioterapisti, chiropratici e maghi vari vanno utilizzati al bisogno senza entrare in ossessivi circoli viziosi 10)l’eccessivo professionismo ossessiona la mente, l’allenamento e la competizione sono principalmente piacere, quindi per andare forte bisogna correre per il piacere di correre 11)la programmazione dell’allenamento è ad personam e non esistono programmi di gruppo ma al massimo linee guida del gruppo 12)la simulazione del gesto è la fase piu importante del training per riprodurlo al meglio in gara 13)la simulazione non è mai sufficiente 14)per simulare bene occorre stare bene 15)per stare bene, vedi sopra, occorre portare avanti tutti gli aspetti del training in contemporanea 16)il miglior allenatore sei tu stesso, solo tu conosci realmente le sensazioni del gesto e solo uno che lo ha gia fatto, forse, te lo sa spiegare 17)ogni gara ha una sua storia 18)abbiamo una parte superiore ad una inferiore da allenare non solo una inferiore 19)l’aspetto euforico e motivazionale è di fondamentale importanza, mai deprimesi, enjoy always yourself 20)mai continuare con dolori o fatica
Barcellona 92: Gail Devers è la favorita, è imbattibile, l’oro per le altre si chiama argento, ma al nono ostacolo quello che non ti aspetti, la favorita cade e così Ximena Patulidu 20 anni, giovane mamma greca, scopre di vivere un sogno, pensando di esserne fuori.
Montreal 1976: i cineoperatori di tutto il mondo convengono per vedere se è vero che fà davvero 13 passi, i cameraman fanno il loro dovere, Moses fà il suo cominciando una dittatura che durerà 12 anni.
Le vittorie senza contesa, come quella di Kevin Young che nei suoi 400 hs, scava tra sè e il resto del mondo il consueto BARATRO.
Anche io faccio parte della categoria delle persone che hanno buttato trenta euro per l’acquisto di questo magico bracciale che di magico poco ha oltre ad un bell’adesivo metallico nel suo cuore. L’efficacia è totalmente zero… magari l’effetto placebo no… ma non credete che grazie a quello farete qualcosa. Chiropratici ed altri strumenti spilla soldi sono solo il rifugio di qualche disperato che non sa più che pesci prendere e qualcuno se ne approfitta. Allenatevi ragazzi, allenatevi bene e poco e lasciate perdere tutto il resto.
Nel 1992 Young vinse il suo primo titolo di Campione Nazionale degli Stati Uniti, arrivando ai Giochi olimpici di Barcellona imbattuto. Qui vinse la medaglia d’oro nei 400 metri ostacoli stabilendo il nuovo record del mondo (precedentemente appartenuto a Edwin Moses) con il tempo di 46,78 secondi, record tuttora imbattuto e che fa di Kevin Young l’unico atleta di sempre ad aver corso i 400 metri ostacoli in meno di 47 secondi. Il video si commenta da solo… Un passo ogni mezz’ora
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The traditional training approach has been to progress speed athletes from slower, aerobic work through to anaerobic speed work as the season progresses. But John Shepherd argues that this methodology is outdated and that convention should be turned on its head
Until quite recently, the prevailing methodology in sprint athlete training has used a ‘long to short’ training approach. Basically, for this periodisation model, the sprinter performs slower aerobic and anaerobic work at the beginning of the training year and then progresses to faster and faster anaerobic work as the season approaches and in-season. Intensity is increased, training volume reduced, and specificity of training increasing accordingly. Leggi l’intero articolo »
La ricerca di un contatto con Pavoni è nata nella mia mente da molti mesi, in realtà stava in me da vari anni, le motivazioni afferiscono a qualcosa che esula dall’aspetto tecnico, per essere ricercate nella sfera emozionale, in quei giorni del 1987, quando cominciai a guardare l’atletica. I campionati del mondo di Roma, sono stati per me la rivelazione di un qualcosa che sentivo, che il tempo avrebbe di lì a poco sancito come passione assoluta. Vedere nelle due finali della velocità, un italiano, mi ha immediatamente spinto a tifare e a sostenere gli sforzi di quel nostro ragazzo, capace di una vera impresa, mai più ripetuta da nessun altro sprinter di casa nostra. Quando Pavoni realizzò il primato italiano dei 60, il mio essere un suo fan era cosa già molto avanzata, cercai un qualche contatto che in verità non mi riuscì. Molto tempo dopo, un ragazzo che ho avuto la buona sorte di allenare, avrebbe realizzato la stessa impresa, uguagliando quel primato, prendendosi in una finale continentale la stessa medaglia di Pierfrancesco e finendo battuto anch’egli, da uno sprinter inglese di pelle nera. Mi parve allora che questi elementi fossero sufficienti a ritentare quel contatto, a risvegliare quella passione che da bambino, mi fece innamorare dello sport della velocità grazie ad uno dei suoi interpreti massimi per il nostro Paese. Ringrazio di cuore Pierfrancesco, mi si scuserà se apparirà troppo enfatica questa introduzione, ma le sue volate in quei pomeriggi romani di 23 anni fà, hanno cambiato un pezzo del corso della mia esistenza.
Ciao Pierfrancesco, grazie di aver voluto rispondere a queste domande, E’ un piacere visto che poche sono le volte che posso fare un salto indietro nel tempo in un momento particolare della mia vita.
Hai corso da juniores più velocemente di ogni altri sprinter azzurro, quanto ritieni abbia inciso in quella fase l’allenamento? la prima volta che ho corso un cento metri nella mia vita avevo un paio di scarpe adidas sl 72 di gomma, una tuta lunga , un felpone ed erano le 4 di pomeriggio di una domenica piovosa in quel di paderno del grappa. con due amici romani che mi avevano indicato la riga dove partire ed un non ben determinato finish in mezzo alla nebbia circa 100 metri piu’ avanti. sono partito ed ho corso a zig zag da solo su una corsia in terra battuta bagnata: 12.00. Avevo 16 anni da poco e la prima gara successiva con scarpe chiodate, starter ed avversari fini’ in 11.3. Con poco allenamento , michele rossi decise di andarci piano e giocare solo sulla tecnica e sulle gare, scesi in poche settimane sino ad 11 netti e vinsi gli italiani per un centesimo in 11.36 a bologna nel lontano 1979. questa fu la base di partenza. in 3 mesi da 12 netti ad 11 netti solo con tecnica e gare. Da li in poi ogni anno preparazione invernale, salite, ripetute, distanze miste , no indoor, prime gare a fine marzo primi di aprile. a 17 anni passai da 10.9 della prima gara a 10.7 alla terza in primavera per migliorarmi costantemente e finire tra luglio ed agosto due volte in 10.56. l’anno dopo in 10.36 a soli 18 anni. questo fu il frutto di un allenamento con carichi progressivi mai sfiancanti con una cura particolare per la tecnica ed una crescita estiva spesso legata ad una condizione che migliorava gareggiando, gareggiando, gareggiando. In poche parole 1 secondo secco , da11.36 a 16 anni (79) a 10.36a 18 anni (81), levato in due anni. Ancora Juniores passai nelle mani di Vittori . Preparazione a Formia con pesi, mai fatti prima, e carichi molto superiori. Indoor con un 6.69 ed un piazzamento in finale sui 60 per trovarmi rinchiodato tra i 10.49 ed i 10.40 tutta la stagione sino a meta’ agosto. poi la svolta con una riduzione notevole dei carichi ed una gara dopo l’altra prima degli europei con un tempo di nuovo sotto i 10.40 a pisa. un anno intero di mazzo vittoriano per trovarmi al punto di partenza dell’anno precedente!!! Spunto’ una miracolosa (lo dico ora , allora mi sentii morire) peritendinite acuta del tendine d’achille sx a 20 gg dagli europei di atene. carichi a zero, andature, allunghi sul prato, pochissime ripetizioni. un mare di andature con sovraccarico, con il riscaldamento il dolore si attenuava e potei partire. quasi nulla per 3/4 giorni. arrivai in riscaldamento per le batterie: non avevo due piedi ma due bombe. batteria a giocare , corsi solo 50 metri in 10.40. finale con quasi 1 metro vento contro in 10.24 con partenza in 166 mill. contro i 121 di emmelman in prima. Eccellente gara ma in soldoni 12 centesimi meglio del precedente anno. tutto questo per dire che l’allenamento incide sempre nel bene e nel male. l’elemento discriminante e’ come al solito il buon senso e la lucidita’ di capire cosa fare a seconda delle circostanze e , come nel mio caso, avere il culo di essersi fatto male , ma non troppo, da obbligare il mio allenatore a ridurre drasticamente i carichi che inibivano inesorabilmente le proprieta’ “neuro meccaniche” gia’ presenti.
Certamente dati i presupposti si pensava potessi avere una carriera da sprinter internazionale top, che cosa a tua giudizio non ha consentito che questo si verificasse in maniera completa? un insieme di fattori . direi in primis gli incidenti muscolari frequenti. in seconda battuta un supporto poco scientifico nella cura dell’alimentazione e delle metodiche che potessero aiutare la riparazione/rigenerazione post training. la mancanza di una guida/referente tecnico con il quale crescere progressivamente nel tempo. sinceramente ho avuto troppi allenatori anche se ognuno e’ stato importante per la mia crescita. non voglio comunque sottrarmi alle responsabilta’ personali che comunque hanno avuto una importanza notevole rispetto a quanto accaduto. Mi riferisco soprattutto ad una sorta di ansia e di irrequietezza di voler raggiungere i propri obiettivi , i propri sogni e che spesso mi ha caricato oltre modo finendo per spingermi oltre il buon senso sia nell’allenamento sia in alcune scelte tecniche.
Negli anni a seguire il tuo ritiro dall’attività si sono susseguite molte voci riguardanti il tuo percorso agonistico e i tecnici che ti hanno allenato, alcuni dei quali ti hanno anche incluso nei loro “casi di successo”. Puoi aiutarci a fare chiarezza su quali sono stati i tecnici che ti hanno allenato nei vari periodi della tua carriera e perché li hai scelti, se li hai scelti? 1979/1981 Michele Rossi da 11.3 sulla terra a 10.36 a Torino giugno 1981 (proposto dalla scuola)
1982/1984 Carlo Vittori da 10.36 a 10.24. 20.49 e 6 .64 sui 60 m (scelto da me)
1985 Brooks Johnson (USA) 45.71 400m e 20.85 200m (scelto da me)
1986 Carlo Vittori 10.60 abbandonato nel mese di agosto. auto allenato in 40 gg solo con gare e training leggero . 10.22 e 20.75. ostia sett.
1987 Sandro Donati 6.58, 10.24, 20.38 (proposto da Enzo Rossi)
1988 indoor Francis (CAN) 6.59 outdoor Krajinhoof 10.30 (scelti da me)
1989 indoor Krajinhoof 6.57 outdoor Gf Dotta 10.13 (scelti da me )
1990 indoor Gf Dotta 6.55 out door 10.40
1991 Peppino Russo (allenatore di Berruti scelto da me)
MICHELE ROSSI:Professore di educazione fisica dell’Istituto Filippin ed ex sprinter dei carabinieri. In assoluto la persona con la quale ho avuto la maggiore crescita. Un allenatore in punta dei piedi. Prima non lesionare poi allenare. tecnica e mazzo quando serve. cultore della preparazione invernale e delle gare in pista gia’ da fine marzo primi di aprile. grande buon senso e grande paura del potenziamento “non a carico naturale”.
CARLO VITTORI: un uomo profondamente assuefatto dal metodo d’allenamento costruito su uno sprinter con il 60% di fibre veloci delle quali , mi sembra, piu’ del 50% glicolitiche ossidative. In grande difficolta’ a rimettersi in discussione e progettare un metodica disegnata per uno come me con il 78 % di fibre veloci di cui 69% glicolitiche! Dati da biopsia effettuata con Carmelo BOSCO in Finlandia sul quadricipite femorale sx nel 1986. In poche parole non ha mai capito che un dragster non puo’ essere preparato come una formula 1.
SANDRO DONATI: Il vero talento inespresso della scienza dell’allenamento. Un matematico , laureato in statistica, un grande studioso prestato all’atletica. Grande lucidita’. Lucidita’ con cui ha filtrato con giudizio il buono che c’era nella metodica “Ascolana” a cui ha aggiunto del suo. L’uomo che a mio avviso, dovrebbe essere recuperato e coinvolto nuovamente nel movimento. Purtroppo il mio rapporto con Lui si interruppe a causa degli esiti dello scandalo dei mondiali di Roma del 1987. Capii che non avrebbe potuto seguirmi perche’ troppo coinvolto in questioni politiche e quindi decisi di seguire altre strade.
CHARLIE FRANCIS: Altro laureato. Business Administration a Stanford. Ex sprinter da 10.2 sui 100m. Molto preparato su tutti gli aspetti che coinvolgono la scienza dell’allenamento. Dal training in pista, a quello in palestra alla fase di rigenerazione post training. Aspetto, quest’ultimo molto tralasciato dai nostri allenatori. Metodica semplice ed efficace dove la cosa che piu’ mi ha colpito e’ stato il potenziamento muscolare dopo l’allenamento e senza quella grande “cagata” della trasformazione con skip veloci dopo ogni ripetizione. Una “genialata” del solito noto.
HENK KRAIJNHOOF: In assoluto l’allenatore piu’ preparato mai conosciuto. Forse troppo competente in tutto. Fisiologia, Biochimica, Biomeccanica…..un pozzo di scienza che forse per il troppo sapere aveva l’imbarazzo della scelta.
GIANFRANCO DOTTA: Uomo di grande misura. Stessa filosofia di Michele Rossi. Prima non lesionare. Grande studioso non ha mai avuto la possibilita’ di allenarmi sino in fondo a causa della distanza tra Formia e Cagliari. Con molto buon senso mi ha seguito in diverse fasi delle ultime stagioni in cui ho ottenuto buoni risultati.
Raccontaci l’esperienza canadese, indicando magari quali sono a tuo modo di vedere le differenze fra quella impostazione e la tradizione della nostra Scuola.
Allenamento basato su 5 giorni a settimana con il training vero solo il lunedi’ , il mercoledi’ ed il Venerdi’. mart e giovedi’ solo allunghi e pesi per “upper body”. sabato allunghi sul prato stretching e riposo.Nei giorni del training ripetizioni su diverse distanze dalle brevi per le accelerazioni (anche i 10 metri dal blocco!) alle medie o lunghe a seconda del periodo e pesi a fine allenamento!Bilancere a castello e full squat fuori. Direi la scuola dei dragster. Se vuoi correre i 100 metri a palla molto di questa metodica va presa in seria considerazione. Si perche’ era un training molto correlato allo sforzo specifico. Charlie aveva sezionato ogni fase del 100 metri ed aveva creato una metodologia semplice ed efficace in cui cazzate come i pesi la mattina e l’allenamento il pomeriggio le aveva lasciate a noi. i soliti geni della “aspecificita’’” e del “nonsenso”. Alla mia domanda frutto di esperienze passate diametralmente opposte Charlie mi rispose: “ Francesco what are you fucking trasforming? Eavy wheigt lifting damages muscle fibers. That’s why we do it. Muscle fiber need to be repaired before max recruitment. Lets give them 36 hours!”
Se con il senno di poi tornassi a quella estate del 1982, nelle giornate in cui tu, appena diciannovenne, rappresentavi il futuro del nostro sprinter, che cosa cambieresti nelle scelte che hanno determinato il tuo avvenire nello sport? Non berrei piu’ latte. Mi e’ costato caro ai mondiali di helsinki nel 1983. Sembra uno scherzo ma non lo e’. L’ignoranza su aspetti dell’alimentazione che imperava ai miei tempi mi ha impedito di conoscere i danni e le complicazioni che un fisico come il mio poteva subire da intolleranze alimentari come questa. Sceglierei un allenatore preparato in tutti gli aspetti che coinvolgono l’allenamento, la rigenerazione, la psicologia. Affronterei ogni gara come l’ultima della vita.
Parlando di questioni più propriamente tecniche, quali ritieni fosse la tua qualità più spiccata e invece quale pensi debba essere quella che maggiormente determini uno sprinter che possa eccellere? La mia qualita’ piu’ spiccata era l’accelerazione e la velocita’ di punta. A seconda dell’allenamento ho fatto gare con accelerazione fortissima e finale medio che gare con accelerazione modeste, forse volutamente controllate, e finali notevoli. il 100 metri rimane una gara in cui devi saper dosare. una gara in cui devi sprigionare la forza di una tigre con la leggerezza di una farfalla. A parita’ di potenza e resistenza l’elemento cruciale rimane la tecnica di corsa e soprattutto la fase di impatto a terra del piede sul lanciato. Peppino Russo Docet! Ogni istante di troppo a terra consuma la pila…….l’esplosivita’ va espressa nei tempi piu’ brevi possibili.
Dacci un opinione del movimento azzurro della velocità oggi. Non ho un opinione solo la speranza di vedere uno dei nostri che si riconfronta con gli sprinter di colore di oggi. Mi sembra un movimento spezzato a macchia di leopardo in cui non c’e’ una guida per tutti , come una volta, e si sviluppano piccole famiglie. la cosa non mi spaventa anzi . Chi dice che non sia la situazione migliore per generare quelle metodologie specifiche disegnate per far si che ogni sprinter , a seconda delle sue naturali qualita’ neuromuscolofisiologiche , abbia il diritto di essere messo nelle condizioni di confrontarsi con la propria psiche e tirare fuori i coglioni quando serve: quei 10 secondi dopo lo sparo!
Quale fra le tue tante gare è stata quella che al di là del risultato ti è rimasta più nel cuore? Nel cuore
la serata di grosseto del 1987. In un ora avevo corso i 100 giocando in 10.24 battendo Allan Wells e subito dopo Calvin Smith a Butler sui 200 ripetendo ritmicamente quanto insegnatomi da Don Quorrie a Nizza pochi giorni prima. Gia’ perche’ in un minuto mi racconto’ sia la distribuzione dello sforzo che le sensazioni che dovevo vivere. cosa vuoi di piu’. Nel cervello Duisburg nel 1989 a mondiali universitari. la batteria dopo il training a Sestriere. Parto con una accelerazione in cui perdo tutti gli avversari in meno di 20 metri. a 60 metri non vedo nessuno e mi giro , da solo , roba da primi anni di carriera, smetto di correre mi giro altre 2 , 3 volte, gli ultimi 10 metri mi fermo e mi tiro indietro: 10.13! una sensazione di potenza e velocita’ uniche. un occasione di correre sotto i 1o netti persa. persa per sempre.